Pensare
di migliorare in qualsiasi sport con il solo allenamento, trascurando la
tecnica, è uno dei più grandi sbagli che si possa fare, figuriamoci nel
triathlon dove si svolgono tre discipline in successione. Miglioramenti nel
nuoto, nel ciclismo, e nella corsa si
possono raggiungere anche con l’apprendimento di nuovi concetti tecnici. Quello
che sembra impedire a molti atleti di raggiungere un miglioramento della
propria tecnica, è il convincimento
sbagliato che, anche se volessero
farlo, non sarebbero in grado di apprendere nuovi concetti, perché troppo
abituati a determinati movimenti. Occorre abbattere queste vecchie convinzioni
mentali ed avvicinarsi ad una nuova concezione “triathlon centrica”, in modo da
apportare cambiamenti significativi che durino nel tempo, utilizzando delle
tecniche di base per l’apprendimento neuromuscolare. Esiste un elemento della
tecnica, comune a tutte e tre le discipline del triathlon: ovvero la
respirazione. È noto infatti che molti atleti riscontrano problemi legati alla
respirazione sotto sforzo, con conseguenze sia sulla performance che sulla
propria salute. Un primo passo per regolarizzare la respirazione durante una
competizione di triathlon o anche semplicemente in un allenamento, è quello di
provare a respirare con il naso, dato che la respirazione nasale rispetto a
quella orale umidifica maggiormente l’aria verso i polmoni, la riscalda e la
filtra dagli agenti patogeni. Di contro abbiamo una maggior pressione di
inspirazione ed espirazione, visto che il cavo nasale è più lungo e stretto
rispetto a quello orale, con la naturale conseguenza di effettuare respiri
addominali più lenti e profondi. Dal momento che l’atleta inizia a respirare
con il naso, durante il proprio allenamento, percepirà dopo brevi instanti la
sensazione di non ricevere abbastanza aria, generando uni stato d’ansia che
provoca istintivamente la necessità di riprendere a respirare con la bocca. In realtà
l’atleta, respirando attraverso il naso, aveva introdotto molto più ossigeno
che respirando con la bocca, grazie ai lenti ma più profondi respiri
addominali. La sensazione di mancanza di ossigeno generata dalla respirazione
nasale, dipende dalla bassa velocità di diffusione dell’ossigeno dagli alveoli
al sangue, che è nettamente più bassa della velocità che impiega l’anidride
carbonica a passare dal sangue ai polmoni. Quindi possiamo affermare che la
respirazione nasale apporta maggior ossigeno ai polmoni ma non permette una
rapida diffusione della CO2. Infatti il fattore primario che regola la
respirazione si trova nella concentrazione di CO2 e non in quella dell’ossigeno. Un espediente per
abbassare la concentrazione di CO2 nel sangue, potrebbe essere quello di
respirare rapidamente, quasi come se stessimo ansimando. Questo però oltre ad
abbassare la concentrazione di anidride carbonica abbatte anche la
concentrazione di ossigeno. Il tempo e la forza di volontà possono portare il triatleta
a respirare dal naso, rispondendo in maniera differente ad aumenti della
concentrazione di CO2 nel sangue. Oltre alla già citata sensazione di ansia,
possono insorgere altri problemi dalla respirazione nasale come: un aumento di
muco o una persistente disidratazione e conseguente secchezza dei tessuti
nasali. Questo è un processo molto lungo che può durare fino ad un intero anno,
ma l’atleta può riuscirvi limitando ad allenarsi alle sole intensità che gli
garantiscono di poter respirare attraverso il naso, oppure respirare attraverso
il naso solo nella fasi di allenamento a bassissima intensità.
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