Lo scandalo attuale del doping è un
“risarcimento” per il mancato fallimento di Sochi, a sua volta solo l’antipasto
di quel che sarebbe successo poco dopo in Ucraina. L'Olimpiade invernale di Sochi era tutto un pasticcio: dai
costi stellari, ai ritardi sulla realizzazione degli impianti, al rischio
terrorismo ceceno. L'Olimpiade, a Sochi, non doveva arrivare... e invece
sappiamo tutti com'è andata. Non è una novità che la fine del comunismo e la
disgregazione dell’Urss non abbiano portato allo smantellamento – se
non momentaneo – del glorioso sistema sportivo sovietico. Valentin Balakhnichev – allenatore
della squadra sovietica (1978-1984), presidente della Federazione atletica
russa (1991-2015), ex membro della Iaaf e protagonista del
sistema-doping denunciato dall’inchiesta della Wada – incarna alla perfezione
le continuità tra lo sport sovietico e la strategia sportiva di Putin,
in cui dal “doping di Stato” si è passati al “doping tollerato e coperto dallo
Stato”. Del resto l’uscita di scena di Lamine Diack, il “Blatter dell’atletica
mondiale”, in carica dal 1999, ha provocato un vero terremoto; tanto che
il senegalese è ora indagato per corruzione. Le tangenti prese per coprire il
doping di Mosca sono però solo la punta dell’iceberg. Come ha ricordato Dick Pound, l’ex presidente della
Wada a capo della commissione che ha stilato il rapporto, il
lassismo della Iaaf sul doping non riguardava solo la Russia: da tempo,
per esempio, le federazioni di Giamaica e Kenya sono nel
mirino. Anche per questo, l’esclusione dei russi dalle gare di atletica di
Rio 2016 sembra solo una minaccia. Molto comunque dipenderà dal progetto
politico del neopresidente della Iaaf, Sebastian Coe, la cui elezione ha
contribuito, almeno indirettamente, a sollevare questo vaso di Pandora.Le
antiche alleanze che garantivano l’immutabilità del sistema dell’atletica
mondiale sono saltate e, data la centralità della disciplina nelle Olimpiadi, i
futuri sviluppi potrebbero avere più di una deriva extra-sportiva. Il documento dettagliato della Wada, 323 pagine, denuncia
l'uso diffuso di sostanze proibite nello sport russo e la copertura del governo
e perfino dell'Fsb, i servizi segreti di Mosca: di fatto un sistema di doping
di stato. Il report chiede la sospensione dalle competizioni
internazionali di tutti gli atleti russi, che rischiano quindi di non poter
partecipare ai Giochi in Brasile. All'interno del documento che ha
scoperchiato il doping di Stato in Russia, oltre alla richiesta di sospendere
la federazione russa di atletica leggera dalla competizioni per due anni, ci
sono nomi di dirigenti ed atleti da squalificare a vita. Oltre ad atlete del
calibro di Savinova e Poistogova, oro e bronzo negli 800 a Londra 2012, c'è un
nome famosissimo in patria, dove è chiamato "il padre di tutte le vittorie
dei nostri marciatori". E' Viktor Chegin, 53enne, colui che ha costruito
tutti i successi della marcia russa operando nell'inavvicinabile centro
specializzato e segreto di Saransk: è l'allenatore più vittorioso al mondo ma
anche molto chiacchierato per i suoi metodi di lavoro che viaggerebbero in
parallelo col doping. Il Cio in tal senso si muove: "Vista la
politica di tolleranza zero nei confronti del doping, saranno pprese tutte le
misure e le sanzioni necessarie per quanto riguarda l'eventuale ritiro e
riassegnazione delle medaglie, nonché l'esclusione dai futuri Giochi".
Sulle Olimpiadi invernali di Sochi 2014, in Russia: "I risultati dei test
antidoping di Sochi sono credibili ma saranno ritestati". Il primo provvedimento da parte
della Wada nel frattempo è già arrivato: è stato infatti sospeso
l'accreditamento per il laboratorio antidoping di Mosca. La sospensione,
un'altra delle richieste contenute nel rapporto della commissione, ha effetto
immediato. Tutti i campioni del laboratorio dovranno essere
trasportati presso un laboratorio alternativo e accreditato dall'agenzia
antidoping "in modo sicuro, verificando con certezza che non venga
alterata la catena di custodia".
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